DALLE CARTE ALL'ARCHIVIO

La storia del giacimento documentario inizia insieme alla storia del centro d’accoglienza della Rugginosa con i primi arrivi avvenuti nel marzo 2014. Fin dall’inizio i disegni vengono appesi al muro, i muri pian piano si riempiono di segni, di pensieri, di immagini. Non sono semplici segni sulla carta, scarabocchi destinati ad ammazzare il tempo, sono tracce di memorie e di speranze, fissano uniche e irripetibili emozioni di chi ha appena lasciato la sponda di un mondo e trova approdo in un altro, sono testimonianze.
Le carte, che avrebbero potuto essere buttate o finire tranquillamente in qualche ripostiglio in attesa di essere dimenticate o distrutte dal tempo, sono prese a cuore dagli operatori, sono conservate, se ne parla e divengono oggetto di interesse da parte del direttore del Coeso, Fabrizio Boldrini, storico di formazione, che ne avverte il profondo valore storico, umano e civile.
La conservazione e dunque il riordino, affidato all’Isgrec dopo la partecipazione ad un bando, si rivela da subito un'importante e difficile sfida, sin dalla sua fase progettuale. Infatti, non si tratta di materiale classico, che per consuetudine di studi, possiede già un metodo di analisi e un sistema consolidato di archiviazione. Il materiale, per la sua natura complessa ed eterogenea, ha richiesto l’incrocio di competenze diverse: vi sono disegni da descrivere, ma anche testi in varie lingue intrecciate alle immagini a comporre un mosaico vivace di esperienze umane. I supporti utilizzati sono quelli che si possono trovare in una situazione di emergenza: ogni tipo di carta disponibile, dalla normale carta per fotocopie a fogli di album, in qualche caso fogli di recupero strappati o riutilizzati più volte, persino carta grezza da pacchi o semplici tovagliette da usare per i pasti consumati in comune. Ad esempio, fa parte del giacimento documentario un corpus di 26 fogli ricavati da tela cerata con logo UNHCR, presumibilmente pettorine identificative, fittamente coperte di testi in lingua eritrea, sia sul recto che sul verso. Alcuni ospiti della struttura hanno utilizzato le superfici delle pareti del centro di accoglienza per esprimersi: un albero, un fiore, un arcobaleno decorano le pareti, creando evocative immagini di speranza, mentre da una finestra trompe l’oeil aperta sul deserto si vede passare un camion carico di persone che si dirigono, oggi come allora, in Libia.

NOTAZIONI ARCHIVISTICHE
Per la estrema varietà e per la deperibilità dei materiali, talvolta esposti per qualche tempo alla luce diretta, si è proceduto alla digitalizzazione del materiale; una scheda descrittiva tiene conto delle caratteristiche fisiche del documento e del suo supporto, delle tecniche utilizzate per produrlo, della trascrizione il più possibile fedele dei testi e della loro traduzione.
Il risultato è un database con parole chiave che permette ricerche per argomento, per nazione di provenienza dell’autore, per lingua, ma anche per immagini utilizzate, simboli, elementi figurativi.
Proprio dalla riflessione sui temi legati alla classificazione e alla creazione di possibili serie archivistiche e dalla revisione incessante del lavoro di analisi e catalogazione di un archivio in formazione, si è scelto il criterio cronologico per l’ordinamento e la collocazione delle schede descrittive. Un lavoro, quello della datazione, che non sarebbe stato possibile senza il continuo confronto con gli operatori che hanno fornito ogni tipo di informazione e supporto utile per la contestualizzazione e la corretta lettura dei materiali.

IL CORPUS DELL’ARCHIVIO
Il corpus dell’archivio è al momento costituito da pił di 500 carte carte, prevalentemente disegni, ma anche brevi testi, messaggi, lettere. Uno degli aspetti che merita di essere preso in considerazione ai fini della nostra analisi è il breve tempo di permanenza all’interno del centro, in media tre-quattro giorni. Una manciata di ore che fanno i conti da una parte con le crude esperienze del viaggio appena compiuto, e dall’altra con la naturale esigenza di relazioni umane, di condivisione e rifugio emotivo. Tensioni contrastanti che vanno dalla paura, alla rabbia, alla diffidenza, dalla gratitudine, all’amicizia, alla speranza, gestite dal prezioso lavoro dei mediatori che si trovano in quel momento ad incarnare il delicatissimo ruolo di connettore fra rifugiato e paese di accoglienza. Il racconto e la condivisione dell’esperienza vissuta sono alla base di una presa di coscienza del presente che permette di costruire speranze e proiettarle nel futuro.
L’espressione artistica diventa il mezzo attraverso cui queste emozioni vengono incanalate, questo racconto si fissa e si dà all’altro.
La narrazione verbale e scritta si sviluppa parallelamente all’immagine, strumento che più di ogni altro è in grado di superare le distanze linguistiche e culturali. Essa diventa un passepartout comunicativo, un territorio comune di cronaca, a volte di denuncia, dove i colori di appartenenza si fondono, mescolandosi in nuove “bandiere” di condivisione. Tali testimonianze permettono non solo preservare la memoria dei migranti, ma anche la storia di un incontro, dell’integrazione, dello scambio di esperienze e della condivisione culturale realizzatisi.

TEMATICHE PRINCIPALI
Dall’analisi complessiva delle carte affiorano nitidamente alcuni filoni tematici principali, dal viaggio alla gratitudine, che si va poi articolando in sfumature differenti che toccano gli aspetti della religione, della fede, dell’aiuto umano trovato. Schematizzando, le tematiche riscontrate durante la classificazione e traduzione dei documenti possono per lo più essere riassunte in 4 macro aree:

1. LA PERCEZIONE DELL'ITALIA E DEGLI ITALIANI E LA RICONOSCENZA IL SALVATAGGIO E PER L’ACCOGLIENZA
I ringraziamenti sono rivolti all'Italia, alla popolazione italiana, alle istituzioni italiane, alle ONG che operano nel Mediterraneo (le più citate sono MSF e SOS Mediterraneo), alla Croce Rossa, alle forze dell'ordine e all'esercito. Un ruolo significativo spetta agli operatori del centro della Rugginosa, i cui nomi vengono spesso citati nei documenti, accompagnati da espressioni di riconoscenza e affetto. Alle operatrici è a volte attribuito un ruolo parentale: “maman” (mamma) e “tante” (zia), figure molto rassicuranti.
Dio, nel caso dei cristiani, e Allah, nel caso dei musulmani, sono ringraziata per la salvezza e se ne invoca la benedizione anche per i fratelli italiani, accorsi in aiuto.
L'Italia viene percepita come la “patria della protezione”, una “casa della pace”, dove regnano “l'uguaglianza, la fraternità e il rispetto dei valori umanitari”. La nazione viene anche vista come un paese progredito e con il “miglior governo”. In alcuni documenti vi si fa riferimento come alla “land of milk and sugar” o “milk and honey”, attribuendole quindi una valenza simbolica di “terra promessa” o “paradiso terrestre”, una nuova patria dove costruire una nuova vita.

2. IL RACCONTO DELLA PERMANENZA IN LIBIA E DEL VIAGGIO PER ARRIVARE IN EUROPA
Il viaggio affrontato dai migranti è sempre descritto come difficile. La Libia è descritta come un “inferno”, un “penitenziario a cielo aperto”, un posto in cui “è meglio non rimanere” e dove “gli arabi uccidono le persone di colore”. I libici sono descritti come figure vessatorie, che trattano i migranti come “schiavi”, “animali” e “strumenti di lavoro”, che estorcono denaro e averi. La Libia appare come la terra di nessuno, un paese in cui non esiste legalità e i soprusi non sono puniti.
In alcuni documenti sono descritte le condizioni estreme delle traversate nel deserto.
Il viaggio per mare è l’incubo della maggioranza dei migranti, in un documento è definito “calvario”. Imbarcazioni sovraffollate, instabili, non atte alla traversata del Mediterraneo, sempre in bilico tra il restare a galla e l’affondare; di conseguenza il terrore, le urla, le invocazioni a Dio e Allah. E poi la luce, i soccorsi: molti migranti raccontano le operazioni di salvataggio, con riferimenti all'umanità e alla competenza dei soccorritori.

3. LA FAMIGLIA DI ORIGINE E IL PAESE DI PROVENIENZA
Il tema degli affetti, della famiglia e delle amicizie è molto testimoniato. All’amore per i genitori, e in particolare per la madre, che si spera di poter rivedere un giorno, si uniscono le dichiarazioni d’amore per il coniuge e i figli che non si sono potuti portare con sé.
Il paese di provenienza ha un ruolo fondamentale nella definizione di sé. Si ha un nome e si ha una provenienza, una nazionalità. “Chi sei?, da dove vieni?”: sono le prime due cose che sono richieste ai migranti al momento del salvataggio o dello sbarco. Il paese d’origine è spesso il motivo del viaggio, della fuga, è spesso descritto con l’ambivalenza dell’amore/odio, l’amore per la terra natia, l’odio per i motivi che li hanno spinti a lasciarlo in cerca di miglior sorte: la guerra, la povertà, la violenza etnica, la mancanza di diritti civili e politici, la corruzione e la dittatura, la tortura.

4. DESIDERI E AUSPICI: IL FUTURO
La felicità, la salute, una casa, la saggezza, il lavoro, l’opportunità di realizzarsi. I migranti esprimono i propri desideri non solo attraverso le loro lettere ma anche attraverso i collage, eseguiti ritagliando immagini da riviste italiane e incollandole su un supporto cartaceo. Alcuni migranti hanno utilizzato foto e illustrazioni che raffigurano coppie, famiglie felici, gruppi di amici, case, cibo e auto, accompagnandole con didascalie che lasciano intuire l’augurio di avere una vita felice e prospera.

ALCUNI SPUNTI INTERPRETATIVI
In molti casi, il disegno e il testo si vanno affiancando occupando di volta in volta la superficie del foglio con percentuali diverse. Talvolta il testo funge da contorno o da breve didascalia all’immagine, con singole parole o brevi frasi che si accostano ai soggetti raffigurati; altre volte, al contrario, il segno diventa simbolo con la funzione di rafforzare dei singoli concetti argomentati del corpo del testo della narrazione. La semplicità delle linee vanno a tratteggiare i contorni di tematiche in realtà molto profonde, che attingono da esperienze ancora fresche e ben impresse interiormente. I soggetti che si stagliano sul bianco del foglio lasciano ben poco all’interpretazione, per la schiettezza a volte spiazzante della narrazione segnica. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a situazioni diverse; il simbolo, la sineddoche, in ogni caso, sono le chiavi di lettura di cui tener conto per non rischiare un approccio superficiale al tema. La figura umana, il barcone, la silhouette dei confini dello stato di partenza, i colori delle bandiere sono soltanto alcuni dei soggetti più diffusi per narrare relazioni, emozioni e contenuti che vanno ben al di là del singolo oggetto abbozzato. La barca, la nave - come simbolo di un travagliato passaggio verso il futuro sperato - è sicuramente la traccia più ricorrente. Scorrendo i disegni se ne riscontrano due tipologie diverse. La nave, graficamente raffigurata come una imponente imbarcazione in mezzo al mare aperto, ha le sponde alte, solide, sicure. Viene identificata da scritte che nella maggior parte dei casi richiamano la Croce Rossa Italiana o più genericamente l’Italia. Sono le navi della salvezza, del soccorso. Questa tipologia di rappresentazione grafica è quasi sempre circondata da scritte di ringraziamento e gratitudine nei confronti del paese accogliente. Svettano spesso, sulla sommità di queste imbarcazioni, le bandiere del paese di provenienza e di quello di arrivo. Raramente compare la figura umana in questi disegni; il tratto grafico è utilizzato più in senso simbolico. Il barcone, o il gommone, appartiene invece a una tipologia di disegno più narrativo. Su di esso vengono tracciate con ossessione decine e decine di teste o corpi graficamente accennati attraverso poche semplici linee, che hanno però l’intensità di raccontare tutta la tragicità dell’evento. Se le navi arrivate in soccorso vengono descritte lateralmente, i barconi vengono disegnati come se venissero osservati dall’alto. Questo punto di vista atipico fa supporre un processo di astrazione e distacco. Forse quasi un voler prendere le distanze da quanto vissuto, un tentativo di liberazione dal dolore attraverso la descrizione del suo ricordo.
Alcuni migranti scelgono di abbandonarsi al ricordo del proprio passato: sono presenti visioni positive di una vita semplice tra le case e la vegetazione di un villaggio. Degli alberi, carichi di frutti e fiori, vengono quasi sempre descritte con molta minuzia le radici, come un’intima ricerca di un punto fermo, di una nuova stabilità, di un porto sicuro a cui aggrapparsi; o forse anche il rassicurante ricordo degli affetti dei cari e degli amici. La casa, anche quando rappresentata singolarmente, in mezzo al foglio ha valore di solidità e stabilità: “A home of peace” o “Happy home” come si trova scritto. Il particolare quasi sempre più imponente sembra essere il tetto, dalle dimensioni sproporzionate rispetto al resto. Esso si amplifica e si allunga orizzontalmente come un chiaro elemento di protezione simbolica. Dal passato affiorano spesso anche racconti di guerra e di tortura. Uomini armati che usano violenza, prigioni più o meno simboliche, armi arrossate dal sangue. La paura e la rabbia nei confronti del paese abbandonato viene esorcizzata attraverso scritte o disegni che mescolano insieme rancore e profondo dolore.