bennardiA cura di Barbara Solari | Effigi | Arcidosso 2007

 Della vita di Savino Bernardi rimangono poche e timide tracce: l’atto di nascita, quello di matrimonio, l’atto di morte, i verbali delle delibere nel primo consiglio comunale regolarmente eletto nel dopoguerra, i pochi ricordi di chi l’ha conosciuto. La sua vita, allora, è tutta lì, in quei pochi quaderni manoscritti, in quei versi tracciati con una calligrafia incerta, in frasi piene di errori grammaticali e termini dialettali, nelle “parole di un povero bovaro” autodidatta, parole che egli stesso definisce “rudi e sconnesse” ma “sincere”. Traspare però fortemente la volontà dell’autore di lasciare una traccia di sé, una sorta di testamento morale, un’eredità che se è affettivamente rilevante per coloro che lo hanno conosciuto o che ne sono discendenti, è importante anche per chi voglia capire come siano stati vissuti e percepiti alcuni degli avvenimenti più importanti della politica italiana dal Ventennio agli anni Sessanta. Figlio e cantore di questa terra e testimone del passaggio dal fascismo alla democrazia, dalla monarchia alla repubblica, Bernardi vive questi eventi e li racconta, dal di dentro, con la semplicità e con la schiettezza degli ideali per cui ha vissuto e per i quali ha combattuto.